Il Progetto

I concetti generali alla base del progetto sono legati ai seguenti elementi:
• l’importanza dell’allevamento suinicolo nell’economia regionale, nazionale e internazionale;
• il consumo di carne suina che è sensibilmente sceso negli ultimi mesi (molteplici le cause anche dovute all’annuncio dell’OMS sui rischi relativi alla cancerogenità delle carni);
• l’esigenza di incrementare la resistenza delle carni ai processi ossidativi a cui sono inevitabilmente sottoposte, attraverso anche degli accorgimenti in vivo durante il ciclo di vita dell’animale;
La produzione suinicola mondiale nel 2015 è stata di 110,3 milioni di tonnellate (-0,2% rispetto al 2014. La consistenza UE al dicembre 2015 ha manifestato un lieve incremento, salendo a 131,1 milioni di capi (+0,4%) rispetto all’anno precedente, con andamento positivo di Spagna (+6,8%) e Paesi Bassi (+3,2%), in flessione Germania (-2,8%), Polonia (-6%) e Regno Unito (-1,6%) e stabili Danimarca (-0,1%), Italia (+0,1%) e Francia (+0,1%) (Assica, 2016)..
Le importazioni europee del settore, da tempo molto limitate, nel 2015 sono diminuite del 5% ( 33.468 ton). Ad essere importate sono state soprattutto le frattaglie (+11%), le carni fresche e congelate (-22%) e i grassi (+32%), mentre salami, prodotti cotti, stagionati e affumicati e preparazioni varie hanno interessato solo 4.302 ton (-7,1%).
Il grado di auto-approvvigionamento della UE a 28 membri per la carne suina è salito al 110% dal 109% dell’anno precedente. I consumi apparenti interni dell’UE a 28 sono saliti a circa 21,3 milioni di ton dai circa 20,6 dell’anno precedente (+3,2%). Il consumo pro-capite, considerato l’incremento della popolazione, è salito in misura leggermente minore (+2,8%), attestandosi a 32,5 (Assica, 2016).
Il 2015 è stato un anno caratterizzato dal calo dei prezzi di vendita. Nella UE a 28, i prezzi della carcassa E nella media dell’anno si sono attestati a 139,58 €/100kg dai 156,60 €/100 kg del 2014 (-10,9) (Assica 2016).
A dicembre 2015 il patrimonio suinicolo nazionale comprendeva 8,683 milioni di capi, sostanzialmente simile (+0,1%) al 2014. La produzione italiana di carne suina ha evidenziato una lieve flessione nel 2015 (1,187 milioni di ton: -0,3%). Nonostante questa dinamica della produzione, per effetto della crisi europea, il prezzo della carne suina ha registrato una contrazione. Il prezzo dei suini tutelati di 160/176 kg si è attestato su 1,350 €/kg (-7,7%).In aumento sono risultate le importazioni di animali vivi, carni e prodotti, arrivate a 1,108 milioni di ton (+1,1%), per un esborso complessivo pari a 2.055 milioni di euro (-8,5%). Nel corso dei dodici mesi hanno mostrato un importante aumento – dopo la forte crescita del 2014 – gli arrivi di suini vivi (esclusi i riproduttori di razza pura): +33,8%, per 1.025.266 capi (Assica, 2016).
In accelerazione sono risultate sia le importazioni dei suinetti da ingrasso (+39,4% per 751.837capi), sia quelle dei suini grassi pronti per la macellazione (+23,6% per 273.422 capi). In aumento sono risultati, infine, gli arrivi di salumi di origine suina (al netto della bresaola) che hanno superato il traguardo delle 51.100 tonnellate (+5,4%).L’export di carne e prodotti, nel corso del 2015 è aumentato del 7,6%, raggiungendo le 221mila ton, per un valore di 1,438 milioni di euro (+6,8%). A trainare le esportazioni sono state soprattutto le spedizioni di salumi a base di carne suina salite a circa 162.100 ton (+10,8%) per un valore di 1.296 milioni di euro (+7,3%), mentre una lieve flessione è stata quella di animali vivi e delle carni fresche e congelate, scese poco sotto le 59mila ton (-0,3%) per un fatturato di 141,4 milioni di euro (+2,6%) (Assica, 2016).
La produzione di salumi, nel 2015 – dopo quattro anni di flessioni- è tornata a crescere: circa 1,176 milioni di tonnellate (+0,9% rispetto al 2014), così come il fatturato (+0,7%). In merito ai singoli salumi, il 2015 è stato senza dubbio l’anno del prosciutto cotto (+2,6%). 2015 positivo anche per i prosciutti crudi stagionati (+0,6%). Bene anche quella di salame che spinto dall’export è arrivato a 109.100 ton (+0,9%) per un valore di circa 910 milioni di euro (-0,1%). Incremento a due cifre per le esportazioni di salumi nel 2015. Secondo le elaborazioni ASSICA sui dati ISTAT nel corso del 2015 il nostro export ha raggiunto quota 165.250 ton (+10,7%), soprattutto verso la UE (Spagna in evidenza), che ha registrato un +13,2% in quantità, per oltre 135.000 tonnellate e un +7,3% in valore per oltre 1 miliardo di euro.
Il consumo interno di carne suina (carne fresca e salumi a base di carne suina) di circa 1,799 milioni di ton è sceso (-1,4%) rispetto al 2014. Il consumo pro-capite è stato di circa 29,9 kg, rispecchiando la contrazione nei consumi sia di carne fresca sia di salumi.
Il consumo di carne fresca suina nel 2015 è sceso a 747mila ton (-2,8%). Il consumo apparente procapite si è attestato sui 12,4 chilogrammi. Nel 2015 la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 1,065 milioni di ton (-0,4%). Il consumo apparente procapite dei salumi si è attestato intorno ai 17,7 kg, in linea con quello dell’anno precedente. Nel 2015 ha registrato ancora un trend negativo il consumo apparente di salame, scesi a 84.300 (-2,1%) particolarmente penalizzato, insieme al wurstel, dalla vicenda IARC. La struttura dei consumi interni ha visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 26,2% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo ridimensionatosi al 22,2%, da mortadella/wurstel, scesi al 19,8%, dal salame in flessione al 7,9% e dalla bresaola stabile sull’1,2%. Chiudono gli altri salumi saliti al 22,7%.
Le caratteristiche qualitative della carne suina assumono un peso diverso anche in funzione della destinazione del prodotto (consumo fresco o trasformazione in prodotti da consumare freschi o dopo stagionatura). Come nelle altre specie di interesse zootecnico, anche per i suini il sistema di alimentazione degli animali ha effetti molto marcati sulle varie caratteristiche qualitative. Ad esempio, essendo i suini dei monogastrici, è possibile modificare in maniera incisiva alcune caratteristiche nutrizionali della carne agendo sull’alimentazione degli animali, con effetti molto più marcati rispetto a quanto è possibile ottenere con i poligastrici. E’ il caso della composizione in acidi grassi del grasso intramuscolare, caratteristica qualitativa di primaria importanza per gli effetti sulle proprietà nutrizionali della carne. In questo senso, è stato ampiamente dimostrato che l’adozione di pratiche di allevamento con connotazione estensiva permettono di ottenere carni dotate di un contenuto più elevato di acidi grassi polinsaturi della serie n-3 ed acidi grassi monoinsaturi, i cui benefici effetti sulla salute umana sono ben noti. Ciò è principalmente legato al fatto che, pur con differenze legate alle specificità delle diverse aree di produzione, tali sistemi si caratterizzano per un maggiore impiego di pascolo e consumo di frutti del bosco come ghiande o castagne, a discapito di mangimi convenzionalmente utilizzati in sistemi intensivi.
Inoltre, sia nel caso del consumo fresco che della trasformazione, la carne suina è inevitabilmente soggetta a processi di deterioramento e scadimento delle proprietà nutrizionali e sensoriali nel corso della conservazione o della stagionatura. Molti di questi processi sono di natura ossidativa e consistono nell’irrancidimento della frazione lipidica e nell’ossidazione delle proteine, con ripercussioni negative sull’aroma, tenerezza e colore della carne. In questo senso, per aumentare la conservabilità dei prodotti carnei occorre aumentare la resistenza della carne ai processi ossidativi. Un primo possibile approccio è perseguibile in vivo, in azienda, e consiste nel fornire adeguati livelli di molecole antiossidanti con la dieta. Alcune di queste molecole (vitamina E e retinolo, ad esempio) rientrano normalmente nelle formulazioni dei mangimi utilizzati per l’ingrasso dei suini. Tuttavia, il loro impiego presenta dei costi e, in alcuni sistemi produttivi, può essere soggetto a restrizioni. Una valida alternativa può essere rappresentata dai sistemi di allevamento estensivo, nei quali gli animali hanno accesso ad alimenti che sono naturalmente più ricchi di tali composti rispetto ai mangimi convenzionali. In questo senso è stato spesso riscontrato che la carne di suini allevati con metodi estensivi presenta una maggiore resistenza al deterioramento ossidativo rispetto alla carne di suini ingrassati in sistemi intensivi. Tali risultati dipendono sostanzialmente dalla maggiore concentrazione di molecole bioattive ad azione antiossidante presenti nella dieta di animali che hanno accesso al pascolo. In più, tali alimenti contengono un più ampio spettro di molecole bioattive rispetto alle diete convenzionali, includendo nel novero composti quali polifenoli, oltre ai tocoferoli e pigmenti carotenoidi.
Infine, occorre menzionare anche la possibilità di impiegare alimenti alternativi agli ingredienti convenzionalmente utilizzati nella formulazione di diete per suini all’ingrasso. Tali risorse potrebbero essere rappresentate da alimenti reperibili localmente e a basso costo, il cui impiego potrebbe contribuire a ridurre i costi di produzione. Inoltre, molti di questi alimenti possono caratterizzarsi per l’elevato contenuto di molecole bioattive, tra cui acidi grassi polinsaturi e composti ad attività antiossidante. In questo senso, l’impiego di queste risorse alimentari alternative potrebbe rappresentare un strategia per conferire naturalmente ed a basso costo caratteristiche qualitative di pregio alla carne.
Infine, se l’obbiettivo dell’adozione di sistemi estensivi è anche quello di produrre carne con un valore aggiunto in termini di caratteristiche qualitative, sarebbe anche interessante testare la possibilità di autenticare e verificare tali sistemi di produzione partendo dalla valutazione del prodotto. Questo tipo di autenticazione può essere effettuata mediante l’analisi di specifici marcatori chimici nella carne la cui quantità o presenza/assenza sono strettamente legate al tipo di alimentazione degli animali.
Il suino è un monogastrico onnivoro e la sua digestione è prevalentemente enzimatica, anche se non mancano processi fermentativi che avvengono, come per il cavallo, nel cieco e nel colon, solo che nel suino le dimensioni di questi due organi (specie il cieco), è più ridotto. Negli onnivori il cieco e/o il colon acquistano significato particolare in quanto sede di processi digestivi della cellulosa.
In questi organi avvengono, infatti:

  • il recupero di acqua ed elettroliti (Na+ e Cl-), circa il 90%,
  • la formazione e stoccaggio delle feci (il materiale indigerito è miscelato con muco e batteri);
  • la fermentazione microbica, con produzione di enzimi batterici che possono scindere materiale indigerito come la cellulosa.
    In particolare in quest’ultimo tratto, ad opera della flora batterica, avviene:
  • la fermentazione dei carboidrati non digeriti nell’intestino tenue e l’assorbimento, per diffusione, di AGV;
    -la sintesi di vitamine del gruppo B.
    L’assunzione di elevate quantità di fibra ha un impatto negativo sulle performance, sia in vitam che alla macellazione, a causa della minore digeribilità (Noblet et al., 2001). Tuttavia l’uso di fibra nei suini ha numerose valenze positive, riconducibili alla sua capacità di ridurre le emissioni di ammoniaca (Nahm, 2003; Aarnink et al., 2007), a migliorare la salute dell’intestino (Williams et al., 2001; Montagne et al., 2003) e a migliorare il benessere animale (Meunier-Salaun, 1999; Courboulay et al., 2001. Le proprietà fisiologiche dei polisaccaridi non amidacei e la loro fermentescibilità sono poco prevedibili dalla composizione dei monomeri ma sono più legati alla loro solubilità, viscosità, struttura fisica e capacità di trattenere acqua (Aspa, 1996). L’amido è suscettibile all’idrolisi da parte degli enzimi salivari e del pancreas. Tuttavia, l’idrolisi non è sempre completa (Sajilata et al., 2006). Una parte dell’amido, chiamato “amido resistente”, sfugge la digestione nell’intestino tenue e raggiunge l’intestino crasso a causa della sua diversa struttura. La fibra alimentare si divide in due grandi classi: fibra solubile e insolubile (www.nutrizione.com).
    La fibra solubile, fermentabile, ha proprietà chelanti, cioè tende a formare un composto gelatinoso all’interno del lume intestinale; questo gel che si viene a formare aumenta la viscosità del contenuto con conseguente rallentamento dello svuotamento intestinale. Tuttavia le sue proprietà chelanti fanno sì che essa interferisca con l’assorbimento di alcuni macronutrienti (glucidi e lipidi). Sono fibre solubili i galattomannani, le pectine, le gomme e mucillagini. La fibra insolubile, non fermentabile, assorbe rilevanti quantità di acqua, aumentando il volume delle feci, che si fanno abbondanti, poltacee e più morbide. Questo permette di stimolare la velocità di transito nel lume intestinale, di conseguenza, diminuire l’assorbimento dei nutrienti. Questo spiega perché la fibra solubile abbia, al contrario di quella insolubile, più azione costipante che lassativa (a meno che non venga assunta insieme a grosse quantità di liquidi). Sono fibre insolubili la cellulosa, parte delle emicellulose e la lignina, presenti principalmente nella crusca di cereali.
    Dal punto di vista fisiologico, pur con un ridotto apporto nutritivo, il foraggio (la fibra) sazia gli animali, evitando disturbi comportamentali e situazioni fisiologicamente stressanti; quando viene somministrato i suini si comportano in modo decisamente più tranquillo (Giannone, 2002).
    La fibra alimentare, che sfugge alla digestione del comparto gastrico e del piccolo intestino, è potenzialmente disponibile per la fermentazione batterica nell’intestino crasso. La concentrazione di batteri anaerobici del tratto gastro-intestinale del suino è di 7-8 CFU/g nello stomaco e nell’intestino tenue e di 10-11 CFU/g nel grande intestino (Jensen et al., 1994).
    Circa il 90% dei batteri presenti nel colon del suino sono anaerobi Gram-positivi, appartenenti al genere Lactobacillus Streptococcus, Eubacterium, Clostridium e Peptostreptococcus. I Gram-negativi rappresentano circa il 10% della flora totale e appartengono ai gruppi di Bacteroides e Prevotella (Robinson et al., 1984; Leser et al., 2002). La microflora intestinale di animali sani è soggetta a modifiche, secondo la dieta; la presenza di fibra sembra giocare un ruolo importante (Awati et al., 2005). L’influenza della fibra come prebiotico è stata studiata nell’uomo e negli animali monogastrici. Si è osservato che Oligofruttosio, galatto-oligosaccaridi e lattulosio aumentano i bifidobatteri e lattobacilli nel grosso intestino dell’uomo (Macfarlane et al., 2006). È stato dimostrato che l’aggiunta di gomma di guar o di cellulosa in diete per suini in crescita ha aumentato le popolazioni di bifidobatteri ed enterobatteri nell’ileo (Owusu-Asiedu et al., 2006). Al contrario, le diete ad alto contenuto di polisaccaridi non amilacei e amido resistente sono state associate ad aumentata incidenza di dissenteria suina classica e diarrea nei suinetti allo svezzamento (Pluske et al., 1998; Pluske et al.,2003).
    Inoltre, gli acidi grassi a catena corta prodotti dalla fermentazione della fibra, in ambiente acido, sono in grado di inibire la crescita di alcuni patogeni intestinali come Escherichia coli, Salmonella spp. e Clostridium spp. (Montagne et al., 2003). Il butirrato, in particolare, sembra giocare un ruolo selettivo antimicrobico (Williams et al., 2001). La presenza di fibra, quindi, modifica in modo significativo l’equilibrio microbico nell’intestino con un impatto positivo o negativo sulla salute degli animali a secondo della fonte fibrosa e dello stato fisiologico dell’animale.
    I batteri intestinali idrolizzano i polisaccaridi che compongono la fibra e metabolizzano gli zuccheri attraverso una serie di reazioni che portano alla produzione di ATP che viene utilizzata per il metabolismo basale dei batteri stessi (figura 1) (Macfarlane et al., 1995). Acidi grassi a catena corta (acetato, propionato e n-butirrato) e gas (CO2, H2 e CH4) sono i principali prodotti finali di fermentazione intestinale della fibra. Altri metaboliti come il lattato, etanolo e succinato sono prodotti da altri tipi di batteri (Drochner et al., 2004). Con le possibili eccezioni di etanolo questi prodotti non si accumulano in un intestino sano, perché fungono da substrato e donatori di elettroni e sono ulteriormente convertite in acidi grassi a catena corta (Macfarlane et al., 1995).
    Come precedentemente detto, il foraggio, erba ed i suoi derivati, fieno o insilato, da sempre ha avuto un importanza non secondaria nell’alimentazione del suino. Il suino è rigorosamente un monogastrico, ma contrariamente a quanto comunemente viene ritenuto, nei confronti della fibra grezza si dimostra un eccellente utilizzatore (Giannone, 2002). Il contenuto di AGV che si libera dalla fermentazione della fibra varia dal 5% al 28% del fabbisogno energetico del suino in accrescimento (Kass et al., 1980) e la quota sarà ancora più elevata per le scrofe in gestazione. Tra gli aspetti fondamentali che condizionano la capacità di utilizzare il foraggio vi è in primo luogo l’età (Giannone, 2002); infatti Varel e Pond (1985) hanno dimostrato che, in scrofe adulte, vi sono 6,7 volte più batteri cellulosolitici nel grande intestino rispetto a suini in accrescimento alimentati entrambi per 3 mesi con la stessa dieta contenente elevate quantità di fibra (contenente il 40% di farina di erba medica). Per quanto riguarda i soggetto in accrescimento, si possono approssimativamente inserire i giovani animali a partire dal 5-6 mese o 60-70 kg di peso vivo, momento in cui cominciano ad evidenziare una certa capacità digestiva nei confronti della fibra, che comunque richiede qualche mese per raggiungere i livelli di un soggetto maturo. Per accrescere questa capacità è utile che l’animale sia stato sin da piccolo, praticamente dallo svezzamento, abituato ad assumere alimenti fibrosi (Giannone, 2002).
    Per quanto riguarda la digeribilità della fibra nei suini, essa varia intorno al 40%-60%, rispetto agli altri nutrienti (proteine, grassi, zuccheri o amidi) che sono al di sopra dell’80% (Noblet et al., 2001). L’adattamento dei suini alla digestione della fibra è anche un processo lungo che richiede 5 settimane (Martinez-Puig et al., 2003). La fibra influenza anche la digeribilità della proteina. Infatti il 31% dell’azoto è legato all’ NDF e non è disponibile per l’animale (Bindelle et al., 2005). A proposito dell’escrezione urinaria di azoto, la proteolisi batterica porta alla produzione di acidi grassi a catena ramificata (principalmente valerato, i-valerato, i-butirrato), composti maleodoranti come scatolo, che contribuisce al cattivo odore e il sapore della carne di cinghiale (Jensen et al., 1995), ammine e ammoniaca, provenienti dalla deaminazione degli amminoacidi.
    Le proteine non digerite e le proteine endogene sono utilizzate per la sintesi delle proteine batteriche e la crescita batterica intestinale migliora il trasferimento di urea dal sangue all’intestino crasso (Younes et al., 1996; Pastuszewska et al., 2000). Di conseguenza, l’escrezione urinaria di azoto diminuirà.
    Kreuzer et al. (1993) hanno scoperto che l’integrazione di polisaccaridi non amilacei nella dieta di suino da 100 a 220 g porta ad una minore escrezione urinaria di azoto del 20-28%. Per quanto riguarda, invece, l’escrezione fecale di azoto; Canh et al. (1998) hanno osservato che per ogni aumento di 100 g di polisaccaridi non amilacei nelle diete di suini, il pH delle feci diminuiva di 0,12 unità e le emissioni di ammoniaca si riduceva del 5,4%.
    Numerosi studi hanno evidenziato le proprietà della fibra nel ridurre l’impatto ambientale. Inoltre, l’aspetto non solo ambientale ma anche economico rende necessario l’utilizzo della fibra non solo nei sistemi estensivi ma anche in quelli intensivi. Tra i vantaggi della fibra nell’alimentazione del suino vi è che il loro utilizzo (foraggi sia verdi, sia insilati, sia essiccati), contribuisce a ridurre i problemi di costipazione). La presenza di fibra è un fattore protettivo, poiché aumenta la consistenza del contenuto gastrico evitando le lesioni che si osservano più frequentemente con l’utilizzo di mais e frumento mentre l’avena ha dimostrato di prevenire l’insorgenza di ulcere (Bosi et al., 2001). Per suini all’ingrasso che sono arrivati ai tre quarti della loro vita assumendo prevalentemente mangimi e foraggi alternativi a medio titolo di fibra; quando questi soggetti passano ad una dieta bilanciata con concentrati, dimostrano di rispondere al nuovo regime alimentare meglio di altri da sempre assoggettati a questo sistema (Giannone, 2002). Concludendo, si può dire che la somministrazione di foraggio influisce positivamente sul comportamento e sulla salute degli animali. Oltre a questi aspetti, permette di risparmiare sul costo dell’alimentazione; l’impiego di foraggio di alta qualità, come ad esempio l’insilato di mais, permette un risparmio di circa 20 Kg di mangime per animale (Giannone, 2002).
  • Area d’innovazione oggetto del progetto
    Il progetto persegue essenzialmente 3 linee di intervento innovativo:
    1) L’utilizzo di suini semi-pesanti per la produzione sia di carne fresca che di salumi, che è stata già saggiata anche in altre aree del territorio italiano, ma che riguardava essenzialmente l’allevamento intensivo. L’innovatività sta nel risparmio di tempi e di costi di produzione nel ciclo di finissaggio, ottenendo però, nel contempo, prodotti freschi e trasformati sicuramente più maturi rispetto a soggetti più leggeri, e meno grassi rispetto ai più pesanti. Altra ricaduta importante riguarda la riduzione dell’impatto ambientale del ciclo di finissaggio, notevolmente più breve rispetto a quello del suino pesante, anche se l’utilizzo di prodotti fibrosi potrebbe ripercuotersi in minori incrementi medi giornalieri nel ciclo semintensivo.
    2) Progettazione di diete complesse per il ciclo Sperimentale (S), con il ricorso, accanto a concentrati tradizionali, anche di alimenti fibrosi, frutti del bosco (quando possibile) e integratori naturali di polifenoli. Le ricadute sulla qualità dei prodotti sono parzialmente conosciuti per alcuni componenti, ma in genere è stata poco indagata, invece, la risposta della bontà del finissaggio e della qualità dei prodotti freschi e trasformati a miscele di questi alimenti.
    3) Trasformazione della carne in salami utilizzando antiossidanti naturali al posto dei tradizionali nitriti e nitrati. Le risposte che si attendono riguardano sia aspetti organolettici sia salutistici, come rimedio, con prodotti più naturali, all’attacco che OMS e IARC hanno sferrato contro il consumo di carni in generale e quelle trasformate in particolare, additandole come cause importanti di cancro al colon
    1.2 Specificità del progetto
    Descrivere e spiegare in che cosa il progetto si distingue in termini di innovazione. Descrivere come le idee principali sviluppate dal progetto sono in grado di modificare i paradigmi comunemente adottati.
    Il progetto persegue alcune vie di innovazione:
  1. Produzione di suino semi-pesante per ottenere carne fresca e trasformata. Già utilizzato in altre aree, ma in allevamento intensivo, esso può portare un valore aggiunto in termini di brevità del ciclo rispetto al pesante con risparmio di manodopera, alimentazione e diminuzione dell’impatto ambientale del ciclo.
  2. Uso di alimenti naturali, fibrosi, frutti del bosco e integratori naturali di polifenoli per la produzione del suino semi pesante di qualità in semi- estensivo o semi-intensivo. La via, di solito, è perseguita in allevamenti estensivi ma poco utilizzata con altri sistemi. Si tratterà di sperimentare quale forma tra la localizzazione in stalla, magari con possibilità di uscite all’esterno da parte degli animali, oppure il ricovero esterno in capannine con mobilità. Tale modalità va messa a punto nell’azienda sperimentale (S).
  3. Trasformazione di carne fresca in salumi utilizzando additivi funzionali naturali derivanti da estratti di polifenoli (secoiridoidi e suoi derivati, e proantocianidine) recuperati da sottoprodotti dell’agro-industria invece dei diffusamente usati conservanti di sintesi, che hanno causato forti critiche dopo l’attacco dello IARC in seno all’OMS a carico dei trasformati di carne. Il recupero e l’utilizzo di antiossidanti naturali consoliderà ulteriormente il processo di valorizzazione degli scarti industriali con successivi positivi riscontri sulla sostenibilità delle industrie del settore e conseguente riduzione del loro impatto ambientale.

    1.3 Obiettivi
    Descrivere gli obiettivi specifici del progetto, che devono essere chiari, misurabili, realistici e raggiungibili entro la durata del progetto. Gli obiettivi devono essere coerenti con i risultati attesi e l’impatto del progetto.
    Il progetto si pone l’obiettivo di mettere a confronto, nella prima fase, due sistemi di allevamento dei suini semi-pesanti (130 kg) (INNOVAZIONE 1) in finissaggio (2 cicli di produzione):
  • intensivo di qualità del progetto “Suini Umbria”, già operativi (C )
    -semi-intensivo di qualità, con ricorso a foraggi, frutti del bosco e integratori naturali di polifenoli (S) (INNOVAZIONE 2).
    La seconda fase riguarda, invece, la sperimentazione, sulle carni ottenute con i due differenti sistemi di allevamento, di tecniche di conservazione e di lavorazione delle carni innovative che prevedono l’impiego di additivi e conservanti naturali (INNOVAZIONE 3).
    In questa fase saranno testati due tipologie di ingredienti funzionali a base di antiossidanti naturali, uno costituito principalmente da tirosolo, idrossitirosolo, 3,4 DHPEA-EDA (derivato dell’oleuropeina) e verbascoside recuperati dalle acque di vegetazione della trasformazione dell’olio e l’altro costituito principalmente da proantocianidine derivanti da vinacce e/o vinaccioli di uve bianche o rosse. L’efficacia di queste due classi di antiossidanti sarà valutata utilizzando gli estratti, ottenuti dalla valorizzazione di sottoprodotti industriali, singolarmente o in miscela per analizzare un eventuale effetto sinergico positivo sulla qualità del prodotto in esame.
    I prodotti della filiera, (alimenti utilizzati, carni fresche e trasformate), saranno sottoposti ad analisi di laboratorio approfondite per saggiarne la qualità negli aspetti più favorevoli nei confronti della salute del consumatore, in maniera individuale per carne fresca (Longissimus) e salami, di massa per gli altri prodotti trasformati .
    Gli animali saranno macellati alla categoria del suino semi-pesante (130 kg), per venire incontro sia alle esigenze degli allevatori con riduzione del ciclo, con ovvi risparmi alimentari sia alle esigenze ambientali, con ricadute positive importanti, in quanto un ciclo più corto comporta escrezioni azotate più limitate da parte degli animali.
    La prova prevede l’espletamento di un Consumer Test (Central location test) per indagare l’accettabilità dei prodotti da parte di consumatori non addestrati.
    Il progetto si pone l’ambizioso e concreto obiettivo di sviluppare una nuova filiera quella del suino semi-pesante, che ad oggi non è mai stata prima d’ora veramente indagata, in virtù delle attività previste dal piano di progetto, verrà dimostrato che il livello di replicabilità è massimo, infatti le due aziende Benedetti ed Agrigest, saranno in grado immediatamente di avviare a regime la produzione e di immettere l’innovazione nel mercato, in quanto:
  • Il progetto di innovazione avrà testato le razioni mangimistiche più consone alla produzione
  • I carichi ambientali saranno notevolmente ridotti (visto il ciclo più corto ed il tipo di alimentazione)
  • La redditività dell’allevatore è sicuramente aumentata in quanto il cilco produttivo è più corto.

    1.4 Rapporto tra obiettivi del progetto e fabbisogni d’innovazione individuati dal PSR
    Il progetto risponde prevalentemente al fabbisogno “F01 Sostenere aziende agricole che adottano innovazioni di prodotto, di processo, di organizzazione e commercializzazione” inserendosi nella Focus Area “3A – Migliorare la competitività dei produttori primari integrandoli meglio nella filiera agroalimentare attraverso i regimi di qualità, la creazione di un valore aggiunto per i prodotti agricoli, la promozione dei prodotti nei mercati locali, le filiere corte, le associazioni e organizzazioni di produttori e le organizzazioni interprofessionali”.
    La peculiarità del progetto è infatti quella di adottare una tecnologia innovativa all’interno del processo di produzione del suino semi-pesante, ottimizzando il processo produttivo stesso dal punto di vista della sostenibilità ambientale, della sicurezza e dell’ammodernamento tecnologico e della qualità del prodotto fresco e trasformato.
    La tecnica di allevamento proposta contribuisce ad un uso più efficiente di risorse alimentari, accorciando il ciclo rispetto al suino pesante, riducendone peraltro l’impatto ambientale in termini di escrezione fecale ridotta per una maggiore brevità del ciclo produttivo e minore escrezione azotata totale dovuta alla minor lunghezza del ciclo di produzione e della migliore utilizzazione delle proteine dovuta all’aggiunta di fibra nella dieta.
    La trasformazione di carni in salumi con uso di additivi naturali va a mitigare l’impatto negativo che l’uso di nitriti e nitrati può avere sui prodotti finali, in termini salutistici per il consumatore. Ma anche la Focus Area 6 A” Favorire la diversificazione, la creazione e lo sviluppo di piccole imprese nonché dell’occupazione” può essere stimolato, con la creazione di aziende primarie di allevamento semintensivo (in zone anche differenti rispetto a quelle vocate in intensivo), nonché sistemi di trasformazione che possono attivare piccole filiere industriali di qualità. Tenendo presente che l’impiego di additivi naturali recuperati da scarti industriali porta ad una valorizzazione dei sottoprodotti con inevitabili ripercussioni sulla sostenibilità delle aziende di riferimento, sull’ambiente e sullo sviluppo di nuovi settori legati ad alimenti ed ingredienti bioattivi “eco and animal friendly”.

  • 1.5 Concetto ed approccio
    Descrivere e spiegare l’approccio globale e la metodologia, distinguendo, a seconda dei casi, tra le attività indicate nella relativa sezione del piano di lavoro, ad esempio, sperimentazione, dimostrazione, prototipizzazione, prima applicazione commerciale, ecc.
    Descrivere il posizionamento del progetto rispetto alla fase di effettivo impiego sul mercato. Fare riferimento a livelli di utilizzabilità dell’idea e/o tecnologia, se del caso.
    Descrivere le attività di ricerca e innovazione nazionali o internazionali, che saranno collegati con il progetto, in particolare come e quando i risultati di questi confluiranno nel progetto.
    L’approccio al progetto è quello di puntare fortemente, su un’area molto vocata alla trasformazione di carni suine, alla sperimentazione di nuove vie di allevamento e di trasformazione capaci di dare un valore aggiunto che tracci una via per un futuro di prodotti “eco-friendly per il consumatore” in un settore pesantemente attaccato dalla critica salutistica. Si tratta di recuperare quote di consumo che, una volta sicuri, stanno rischiando di perdere spazio sotto la spinta centripeta di stampa, rischia di bruciare in maniera definitiva la sua immagine.
    Le attività segnalate riguardano:
  • Dimostrazione della bontà dell’allevamento del suino semi-pesante come fornitore di carne fresca e da trasformare per il mercato italiano, già sperimentato in altre aree nazionali;
  • Sperimentazione di forme semintensive di allevamento di suini semi-pesanti, dove al ricovero di animali in stalla si saggia la possibilità della loro mobilità esterna, dello spazio a disposizione, dell’uso di alimenti fibrosi, frutti del bosco e integratori di polifenoli, accanto a concentrati tradizionali ma di provenienza il più possibile aziendale;
  • Dimostrazione della produzione del “Suino Umbria”, indagandone in maniera approfondita la qualità dei suoi prodotti;
  • Sperimentazione e prototipizzazione di trasformazione delle carni suine in salami; utilizzando additivi naturali come additivi funzionali naturali derivanti da estratti di polifenoli (secoiridoidi e suoi derivati, e proantocianidine) recuperati da sottoprodotti dell’agro-industria invece dei diffusamente usati conservanti di sintesi;
  • Dimostrazione di altre vie di trasformazione delle carni in prosciutto crudo, guanciale, lardo, pancetta.
  • Dimostrazione analitica della qualità dei prodotti ottenuti;
  • Prima applicazione commerciale di questi prodotti.
    Il progetto si posiziona quale primo tentativo di allevamento semi-intensivo nel territorio, primo tentativo di trasformazione con l’utilizzo dei prodotti naturali prima citati, ma la presenza di una ditta di trasformazione nel progetto assicura l’immissione dei prodotti con tecnologia innovativa sul mercato una volta ottenuti prodotti di valore.
    La ricerca di tipi di allevamento non intensivi per l’ottenimento di carni e salumi di qualità si collega a quanto si sta progettando (da parte della UR- SZ del DSA3) in aziende di altre regioni interessate alla produzione di trasformati di carne suina e bovina di alta qualità per l’ingresso nel mercato nazionale ed internazionale.

    1.6 Grado di innovatività del progetto
    Descrivere in che modo la proposta è in grado di collocarsi oltre lo stato dell’arte, e la misura in cui il lavoro proposto è ambizioso. La risposta può fare riferimento alla natura innovativa degli obiettivi, ai concetti coinvolti, ai problemi da affrontare, agli approcci e metodi da utilizzare o ad una combinazione tra questi fattori.
    Descrivere il potenziale di innovazione che la proposta rappresenta. Se del caso, fare riferimento a prodotti e servizi già presenti sul mercato. Si prega di fare riferimento ai risultati di qualsiasi ricerca effettuata che ha dato origine a brevetti o ai potenziali brevetti che potrebbero derivare dal progetto.
    La ricerca di una via semi-intensiva di allevamento non è proprio del tutto innovativa, perché sistemi di questo tipo sono citati sia in Italia che all’estero.
    Il più delle volte si tratta, però, di semi-estensivo con animali allevati all’aperto, con ricovero in tunnel o capannine, e possibilità di spostamento per la ricerca di pascolo, ma nuovo è il tentativo del progetto di trovare una via che o non porti tutti gli alimenti nella mangiatoia interna, oppure li porti in mangiatoia, ma accanto ai classici concentrati, ci siano altri alimenti fibrosi, frutti del bosco e integratori naturali di polifenoli che l’azienda in sperimentazione ha già testato in altre prove su altre specie, con risultati davvero incoraggianti.
    La macellazione del suino semi-pesante di 130 kg rappresenta di per sé un’innovazione, perché poco o niente praticata nella forma semi-intensiva.
    La produzione innovativa di salami addizionati con antiossidanti naturali recuperati da sottoprodotti dell’agro-industria ha lo scopo di sostituire quelli di sintesi con conseguenti ripercussioni positive sulle caratteristiche qualitative del prodotto e sulla salute del consumatore; così come la valutazione dell’effetto sinergico di due differenti classi di antiossidanti (proantocianidine dell’uva e polifenoli dell’oliva) sui principali parametri qualitativi dei salami.
  1. Impatto del progetto

  2. Raggiungere le priorità dell’Unione in materia di Sviluppo Rurale;
  3. migliorare la capacità di innovazione e l’integrazione di nuove conoscenze per rafforzare la competitività e la crescita delle imprese attraverso lo sviluppo di innovazioni che vadano incontro alle esigenze dei mercati europei e mondiali, e, se del caso, le azioni per immettere tali innovazioni sul mercato;
  4. eventuali altri impatti ambientali e sociali importanti (se non sono già coperti nel punto che precede).
    Descrivere le barriere/ostacoli, e le eventuali condizioni quadro (quali la regolamentazione e gli standard), che possono influenzare e se del caso, in quale misura saranno raggiunti gli impatti previsti. (Questo non dovrebbe includere fattori di rischio riguardanti l’attuazione, di cui al punto 3.)
    Il settore agricolo in Europa è soggetto a sfide importanti che nascono da un contesto caratterizzato dalla difficile situazione economica e da limiti e restrizioni di varia natura, come quelli ambientali. Inoltre, a fronte di una flessione dei volumi produttivi, la società è sempre più esigente in fatto di sicurezza e qualità dei prodotti alimentari ed attribuisce un’importanza non trascurabile alla sostenibilità delle produzioni agricole. Tale sensibilità viene rivolta in modo particolare alle produzioni agricole ed agroalimentari in virtù dell’attenzione agli aspetti legati alla qualità ed alla sostenibilità delle produzioni.
    Le sfide affrontate nel progetto riguardano:
  5. la produzione di suini semi-pesanti in luogo dei pesanti per la produzione sia di carne fresca che da trasformare, con ricadute positive sui costi di produzione e sull’impatto ambientale, per la maggiore brevità del ciclo di produzione.
  6. il finissaggio dei suini con sistema semi-intensivo, ricorrendo anche a foraggi, frutti del bosco e integratori naturali di polifenoli, per la ricaduta positiva si nel benessere degli animali sia nella qualità dei prodotti ottenibili, del quale il progetto si farà carico di indagare, con uno sforzo analitico di avanguardia;
  7. La sostituzione di conservanti di sintesi (nitriti e nitrati) con estratti antiossidanti naturali recuperati da prodotti secondari dell’industria elaiotecnica, per la produzione di salami e conseguente loro valorizzazione, in grado di rafforzare la sostenibilità e la competitività del settore agro-industriale, con particolare attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale
    Il progetto si colloca in maniera egregia, rispetto alle priorità dell’Unione Europea in materia di sviluppo rurale, sia per l’areale di intervento (Umbria appenninica e Valnerina in particolare), sia occupandosi di allevamenti suini più sostenibili, sia per la produzione di trasformati di origine animale di alta qualità.
    Il progetto apporta ben 3 innovazioni sopra descritte in grado di apportare nuove conoscenze e capaci di accrescere la competitività di imprese in aree svantaggiate nei mercati europei e mondiali.
    La riduzione del ciclo di produzione dei suini e le modalità semintensive di allevamento in sperimentazione sono in grado, da un lato, di ridurre notevolmente
    3 Si invita ad essere specifici, e fornire solo le informazioni che si applicano al progetto ed ai suoi obiettivi. Ove possibile, utilizzare indicatori e obiettivi quantificati l’impatto delle deiezioni sul territorio e, dall’altro, di fornire carni di alta qualità, con allevamenti più rispettosi del benessere animale.
    Le barriere e gli ostacoli eventuali potrebbero riguardare, da un lato, la difficoltà della messa a punto dell’allevamento semintensivo e delle razioni sperimentali e, dall’altro, trovare additivi e antiossidanti naturali nella fase di trasformazione della carne in salami. Per questo si è proposto di eseguire la prova nell’arco di due anni, in maniera che il primo anno, oltre ad apportare dati utili per le analisi, possa rappresentare anche un periodo di messa a punto dei sistemi di allevamento e di trasformazione.

    2.2 Misure previste per massimizzare gli impatti
    Il progetto si prefigge di individuare percorsi migliorativi delle caratteristiche organolettiche, nutrizionali e salutistiche della carne suina fresca e trasformata, con particolare attenzione al contenimento delle patologie più frequenti ad essa associate.
    Si assiste oggi a una demonizzazione della carne che ha aperto le porte a molti stili alimentari estremi, legati più a mode o fattori etici che all’effettivo impatto su ambiente e salute; impatto che nel caso di modelli produttivi sostenibili e stili di consumo equilibrati risulta invece essere positivo e non sostituibile.
    In questo senso il progetto intende individuare le tecniche migliori per rendere virtuoso tale impatto nei confronti dell’ambiente e della salute umana, per poi divulgare a tutti, ma in particolar modo ai consumatori finali un messaggio di verità parlando direttamente ai cittadini (soprattutto i giovani), usando percorsi a forte interazione e coinvolgimento emotivo, mettendo insieme strumenti moderni, competenze ed evidenze scientifiche, divulgatori credibili.